La sostenibilità ambientale non può che discendere da una riduzione del consumo di risorse fisiche limitate (suolo, aria, acqua, energia).
Ogni prodotto/servizio scambiato ha un costo ambientale, poiché vengono utilizzate risorse per la sua realizzazione/movimentazione/erogazione. Tra queste una è sempre presente in ogni oggetto di scambio commerciale: l’energia.
La produzione di energia la principale fonte di emissioni di gas climalteranti, con particolare riferimento al metano ed alla CO2.
In Italia – secondo ISPRA – nel 2022, il settore energetico ha contribuito per circa l’82% alle emissioni nazionali di gas serra. A livello mondiale la situazione non è dissimile, infatti alle emissioni dirette del settore (specialmente legate alla produzione di energia da fonti fossili) occorre sommare quelle derivanti dai trasporti, dall’agricoltura e dall’industria, le quali sono a loro volta causate dal consumo di energia proprio di tali settori.
Tra le emissioni di gas climalteranti non direttamente connesse alla produzione e consumo di energia (quindi non considerate nella CED) le principali sono quelle causate dai processi zootecnici ed agricoli (in particolare dalle deiezioni animali nella produzione di carne e latticini) e da processi produttivi specifici (es. cemento e simili).
L’energia incorporata nei prodotti è un indice meno attendibile rispetto ad alcuni specifici aspetti della crisi ambientale, quali la perdita di biodiversità, l’inquinamento acustico, l’eutrofizzazione delle acque ed altri fenomeni, tuttavia la riduzione del consumo energetico ha comunque in generale un effetto (indiretto) su questi fenomeni, al punto da rendere tale indicatore comunque rilevante anche in relazione ad essi.